IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE E L’ALLARGAMENTO

L’EUROPA COMUNITARIA

L’idea di Europa unita ed il processo di integrazione europea nacquero alla fine della II Guerra Mondiale quando apparve evidente la perdita di prestigio degli Stati nazionali europei, divenuti pedine nel nuovo sistema di equilibrio bipolare USA-URSS.

A favorire le prese di posizione europeiste, oltre al desiderio di tornare a contare nelle relazioni internazionali, fu la convinzione che l’eliminazione delle guerre ed il passaggio ad una collaborazione duratura e pacifica tra gli Stati, avrebbero permesso la rinascita dell’Europa come entità autonoma e come motore dello sviluppo democratico e civile.

Da questo orientamento generale si delinearono tre filoni principali:

Furono proprio i funzionalisti a dare vita alla Comunità Europea nel periodo postbellico.

In quegli anni la questione più urgente era il bisogno di riammettere la Germania nell’insieme democratico delle nazioni europee.

Ad appoggiare lo sviluppo e la ricostruzione della Germania occidentale contribuirono in modo particolare gli Usa spinti dall’idea di poter rafforzare il blocco atlantico contenendo, allo stesso tempo, la concorrenza sovietica.

Per evitare la rinascita di un’industria tedesca del tutto autonoma, il governo francese accettò di sottoporre ad un comune controllo europeo l’industria carbo-siderurgica tedesca, francese e di tutti gli altri Stati disposti a dare il proprio consenso. L’accordo venne stipulato tra sei Stati – Belgio, Francia, Italia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi – e sfociò nell’istituzione della CECA (comunità europea del carbone e dell’acciaio) entrata in vigore nel 1952.

In termini quasi identici si sviluppò la questione della CED (comunità europea per la difesa).

Di fronte alla decisione americana di favorire il riarmo tedesco il governo francese, per tentare di evitare la rinascita del militarismo tedesco, si convinse dell’utilità della creazione di un esercito europeo fondato sull’integrazione tra le truppe. Si giunse così al progetto della CED, organismo dotato delle stesse caratteristiche della CECA, ma con competenze militari anziché economiche.

La CED (assieme al più ampio progetto di unificazione politica) non andò però in porto a causa dei pochi voti favorevoli dati dal parlamento francese – causati dall’indebolimento del timore dell’espansionismo sovietico dovuto alla morte di Stalin.

Nel 1957 venne firmato il Trattato di Roma per l’istituzione dell’EURATOM (comunità europea dell’energia atomica). Assieme ad esso venne firmato anche un ulteriore trattato con il quale fu istituita la CEE (comunità economica europea). I suoi principali obiettivi erano l’eliminazione delle barriere che ostacolavano la circolazione dei prodotti industriali e agricoli, dei servizi, delle persone e dei capitali; la realizzazione di un’unione doganale con tariffa esterna comune; la promozione di un armonico sviluppo tramite sostegni e incentivi che riducessero gli squilibri tra i sei paesi membri.

Sul piano dell’unione doganale e tariffaria, nel corso dei decenni successivi, la CEE raggiunse ottimi risultati arrivando al completo abbattimento degli ostacoli agli scambi, alla libera circolazione della mano d’opera e alla formazione del mercato agricolo comune, in funzione del 1° luglio 1968. Questi effetti positivi ebbero un andamento moltiplicatore: ci furono nuove richieste di adesione alla CEE, e fu concluso un negoziato tariffario globale con gli Usa e con circa ottanta altri paesi nell’ambito del GATT (primo smantellamento su scala planetaria dei protezionismi doganali).

A tali sviluppi non si accompagnò però quel rafforzamento sul piano politico-istituzionale che gli europeisti si attendevano come naturale conseguenza.

Nel 1972 la Comunità si allarga a Regno Unito, Irlanda e Danimarca; in seguito altri tre stati (Spagna, Portogallo e Grecia), appena usciti dalla critica situazione causata dai loro regimi autoritari, chiesero l’adesione alla CEE, vista come garanzia dell’assetto democratico appena raggiunto.

Nel 1979 fu istituito lo SME (sistema monetario europeo) inteso a stabilizzare i tassi di cambio tra le monete, a ridurre l’inflazione e a preparare l’unificazione monetaria.

Nel giugno dello stesso anno si procede anche all’elezione diretta del Parlamento europeo.

Nel 1981 la Comunità si allarga alla Grecia; cinque anni più tardi anche a Spagna e Portogallo.

Nel 1992 viene sottoscritto dai dodici membri della Comunità il Trattato di Maastricht che istituisce l’Unione Europea basata su tre pilastri fondamentali:

Per gli abitanti dei dodici Stati questo trattato significò ufficializzare la cittadinanza europea, con un collegamento tra integrazione politica e partecipazione dei cittadini, ora forniti di diritti politici e civili extra nazionali.

Nel 1995 l’Unione Europea si allarga ad Austria, Svezia e Finlandia.

Con il Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 l’UE acquisì nuove competenze rafforzando il carattere democratico delle sue istituzioni. Il Trattato può essere considerato una forma di consolidamento del diritto comunitario in quanto semplificò e modificò i trattati istitutivi, riscrisse le disposizioni in materia di visti, asilo, immigrazione e altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone. Infine potenziò la politica estera e di sicurezza comune, ponendo le basi per una riforma atta a conferire maggiore prestigio internazionale all’Unione.

1° gennaio 2002: entrata in vigore dell’EURO, la prova più evidente del grado di integrazione finora acquisito.

1° maggio 2004: entrata in vigore di dieci nuovi paesi. Di essi, otto facevano parte dell’Est ed erano retti da regimi di carattere collettivista (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Lettonia, Estonia, Lituania, Slovacchia, Slovenia, Malta e Cipro).

2007: è previsto l’ingresso nell’UE di Bulgaria e Romania

In futuro si pensa anche alla possibile entrata della Turchia.

L’allargamento ad Est dell’Unione rappresenta un passo fondamentale per quanto riguarda la creazione di un nuovo ordine democratico europeo dopo la fine del bipolarismo Est-Ovest dissoltosi con la caduta del comunismo.

 

 

 

 

LA COSTITUZIONE DELL’EUROPA COMUNITARIA

La Costituzione europea è stata ultimata il 18 giugno 2004 dai capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles.

Secondo molti rappresenta un testo di compromesso, che permette però di raggiungere alcuni significativi risultati: migliorare la governabilità delle istituzioni e rendere l’Unione soggetto di pieno diritto nella realtà internazionale.

Il cammino verso la Costituzione inizia nel dicembre del 2001 quando durante la riunione del Consiglio europeo svoltasi a Laeken veniva approvata la Dichiarazione di Laeken che istituiva una apposita Convenzione con il compito di predisporre le linee portanti di un a nuova "architettura" dell’Unione e di proporre una bozza di Costituzione europea.

Il 13 giugno 2003 si giunge all’approvazione della bozza che verrà poi sottoposta al Consiglio europeo.

Nei giorni 9-12 giugno 2004 i cittadini dei Venticinque sono chiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento "allargato": è un evento storico, mortificato però dalla bassa affluenza alle urne (segno che, se l’Europa unita, sotto il profilo politico-istituzionale, si sta facendo, quella "dei popoli" è ancora lontana dal realizzarsi).

Struttura della Costituzione

Il testo approvato a Bruxelles consta di un preambolo e di quattro parti.

Nel preambolo è evidenziata la funzione dell’Europa di portatrice di civiltà, nonché i valori che stanno alla base dell’umanesimo (uguaglianza degli esseri umani, libertà, rispetto della ragione).

Inoltre si sottolinea l’intenzione dei popoli europei di "superare le antiche divisioni e, uniti in modo sempre più stretto, di forgiare il loro comune destino".

Non si fa riferimento specifico "all’identità cristiana delle popolazioni europee" e di tale omissione si è detta rammaricata la Santa Sede; rappresentanti di altri paesi hanno invece manifestato soddisfazione nel veder salvaguardato il carattere "laico" della Carta fondamentale dell’Unione.

Prima parte – Gli obiettivi, le competenze e le istituzioni dell’UE

La più importante novità sta nel fatto che all’Unione venga riconosciuta personalità giuridica e quindi che essa sia un autonomo soggetto di diritto internazionale, con una propria stabile organizzazione, legittimato a rappresentare la comune volontà degli Stati aderenti.

Seconda parte – La carta dei diritti fondamentali

Questo insieme unitario di norme era già stato elaborato e votato al vertice di Nizza del 7-8 dicembre 2000 e non ha subito modifiche, in quanto è stato integrato nel Testo costituzionale nel suo insieme.

Terza parte – Il funzionamento delle istituzioni dell’Unione

Su questa parte si sono evidenziate le maggiori divisioni in seno al Consiglio, specie per quanto riguarda il sistema di voto, la futura composizione della Commissione e le materie per le quali prevedere l’unanimità dei consensi, anziché la maggioranza.

Quarta parte – Le clausole finali

Ultimo problema, ma non meno importante, risulta essere quello relativo alla ratifica che la Costituzione dovrà ottenere da ciascuno degli stati firmatari, senza la quale non avrà alcun valore effettivo.

Per evitare il fallimento di questa storica impresa è stata prevista la data ultima del 2009 in modo da poter preparare opportunamente i cittadini.

 

 

 

CONCLUDENDO

Considerata la situazione attuale dell’UE e l’intenzione di continuare nel processo di ampliamento delle proprie competenze e dei propri territori (è prevista l’entrata di ulteriori stati, in particolare ad Est) risulta essere di fondamentale importanza capire quale comportamento adottare di fronte a questa tendenza.

L’allargamento dell’UE è sicuramente fonte di ricchezza e segno di sviluppo, ma allo stesso tempo può causare anche numerosi problemi se non ci si preoccupa di educare la popolazione alla vita in una società destinata ad essere sempre più multiculturale.

Questo tipo di educazione non deve limitarsi a proporre l’accettazione ed il rispetto del diverso (semplice tolleranza), ma anche promuovere il riconoscimento dell’identità culturale dell’altro ricercando quotidianamente dialogo, comprensione, collaborazione, in prospettiva di un arricchimento reciproco.

L’obiettivo da perseguire è quindi quello dell’integrazione che consiste nel "processo attraverso cui un sistema acquista e conserva unità strutturale e funzionale, pur mantenendo la differenziazione degli elementi che lo compongono".

È appunto per questo che si parla di "unione nella diversità" ovvero del processo che ha come fine lo sviluppo globale pur mantenendo viva l’identità delle singole aree locali.